Che cos’è la malattia di Fabry?
La malattia di Fabry è una malattia genetica ereditaria. E’ dovuta alla mutazione di un gene, denominato GLA e situato sul cromosoma X, che produce l’enzima lisosomiale alfa-galattosidasi A.
Il ruolo di questo enzima è quello di degradare una sostanza lipidica, chiamata globotriaosilceramide (GL-3).
Nei pazienti affetti dalla malattia di Fabry, l’enzima alfa-galattosidasi A è assente o non funziona correttamente. Per questo motivo, la GL-3 non può essere degradata e si accumula nei lisosomi delle cellule, danneggiandole.


Come viene trasmessa la malattia?
La malattia di Fabry ha una modalità di trasmissione X-linked recessiva.
Gli uomini con malattia di Fabry avranno sempre un gene GLA mutato, perché hanno un solo cromosoma X.
Le donne, invece, hanno due cromosomi X e, in genere, se affette da malattia di Fabry, avranno un cromosoma con il gene mutato e un cromosoma con il gene funzionante. Dal momento che, in tutte le cellule di un organismo femminile, uno dei due cromosomi X, in maniera del tutto casuale, viene inattivato, le donne potranno manifestare la malattia o essere completamente asintomatiche.


Come si manifesta la malattia?
La malattia di Fabry è una condizione rara e per questo non sempre viene riconosciuta. Inoltre, le manifestazioni variano tra individuo ed individuo e spesso possono non essere specifiche, aumentando la complessità nella diagnosi precoce, in particolare nelle donne.
Gli organi maggiormente colpiti sono il cuore, i reni, la cute, il sistema nervoso, l’occhio e l’orecchio.

Esistono due differenti forme di malattia di Fabry: la forma classica e la forma ad esordio tardivo (“later-onset”).
Nella forma classica, la malattia si manifesta già nella prima infanzia con acroparestesie, ipoidrosi e angiocheratomi.
Le acroparestesie sono sensazioni urenti a livello di mani e piedi della durata di minuti o giorni e che possono essere aggravati da variazioni termiche, esercizio fisico e febbre.
Gli angiocheratomi sono piccole lesioni vascolari, asintomatiche, di colore variabile dal rosso al blu scuro, piatte o cupoliformi, di qualche mm di diametro. Solitamente sono più concentrati intorno all’ombelico e alle ginocchia, ma possono presentarsi ovunque, comprese le mucose.
Solo più tardivamente, ma comunque entro la seconda- terza decade di vita compaiono progressivamente i danni renali (proteinuria, declino della funzione glomerulare fino all’uremia terminale), cardiaci (cardiomiopatia ipertrofica, aritmie, ischemia, scompenso cardiaco), del sistema nervoso centrale (ictus), oculari (lenticono).

Nella forma ad esordio tardivo, le manifestazioni cliniche compaiono non prima della seconda-terza decade di vita, sono generalmente più sfumate rispetto alla forma classica e spesso coinvolgono un solo organo (generalmente cuore, cervello o rene).


Come fare diagnosi?
La diagnosi si basa sulla dimostrazione di un’assente o ridotta attività dell’enzima alfa galattosidasi A e sulla conferma di mutazioni a carico del relativo gene. Per fare ciò è sufficiente eseguire un prelievo di sangue venoso.


Esiste una terapia?
L’importanza di riconoscere la malattia di Fabry è legata alla disponibilità di una terapia specifica capace di arrestare o di rallentare la progressione della patologia. E’ importante formulare la diagnosi precocemente in maniera tale da iniziare il trattamento quando ancora le lesioni d’organo sono lievi e reversibili.

Esistono, infatti, terapie enzimatiche sostitutive che consistono nella somministrazione per via endovenosa 2 volte al mese della forma ricombinante dell’enzima mancante.
Inoltre, in pazienti portatori di specifiche mutazioni a carico del gene GLA esiste una terapia alternativa per via orale – la terapia chaperonica – che agisce stabilizzando la proteina mutata aiutandola a svolgere la sua funzione di degradazione degli sfingolipidi, riducendo così il danno legato all’accumulo di tali sostanze nei vari organi e tessuti.